Maurizio Maggi [INTERVISTA]
Buongiorno Maurizio, grazie per avermi concesso questa possibilità.
Grazie a te, dell’opportunità di parlare del mio libro.
Partiamo con qualcosa di classico perché come ben sai, siamo tutti molto curiosi… io per prima. L’enigma dei ghiacci, com’è nata l’idea?
Tutto è partito dalla scoperta di un luogo assurdo come il Vostok. Un bacino di acqua temperata grande come la Calabria, nato quando l’Antartide era ancora una foresta lussureggiante e poi coperto da quasi quattromila metri di ghiaccio, e da allora isolato, potenzialmente ricco di forme di vita estinte in superficie da milioni di anni: non ti fa sognare? Facile immaginare intrighi e scontri d’interessi per scoprire i segreti del Vostok, e in effetti il romanzo è questo, ma non solo. La vita laggiù è fatta di batteri e al massimo di qualche piccolo pesce, ma immaginiamo per un attimo una vita senziente acquattata sul fondo, al buio, in attesa da prima che l’Uomo esistesse: cosa penserebbe di noi? Forse non gli importerebbe nulla dell’euro o del petrolio e vedrebbe la Terra per quello che è: una nave spaziale che naviga in un vuoto immenso, freddo e inospitale, con a bordo sette miliardi di passeggeri, egoisti e rissosi, impegnati a sprecare la loro breve vita -un tempo insignificante per chi ê sul fondo di quel lago dal Miocene- sgomitando per guadagnare spazio e distruggendo un po’ alla volta lo scafo che li sostiene. Non c’è nulla di fantascientifico nel mio libro, sia chiaro, ma questo è un punto di vista che, al momento dell’impostazione del lavoro, mi ha aiutato a costruire la trama e le motivazioni dei personaggi, e il centro di gravità attorno al quale ruota il romanzo: il concetto di vita.Non è scontato e non è lo stesso per tutti. Gli eroi classici dell’avventura sono pronti a morire per qualcosa. Io volevo che i miei si chiedessero: per cosa vale la pena vivere?
Ho visto che hai viaggiato molto. Posti lontani, esotici e ricchi di storie affascinanti… quante di quelle esperienze vissute hanno influito sul suo libro?
Più dei luoghi, hanno influito le persone e il loro modo di rapportarsi ai luoghi. Abitare, per noi umani, significa impadronirsi di un luogo, in profondità, come farebbe un rampicante invasivo. C’é qualcosa di struggente, in questa manifestazione di attaccamento alla vita, ma anche di potenzialmente pericoloso. L’ho imparato nel mio lavoro in giro per il mondo e credo che se ne vedano le tracce nel romanzo. Ma i viaggi mi hanno lasciato anche altro.Anni fa visitando un museo dalle parti di Wroclaw, conobbi un geologo dell’università locale. M’invitò nel suo piccolo ufficio dove teneva gli strumenti di misura che usava ogni giorno, la Polonia era appena entrata nella UE e lui era entusiasta di conoscere ricercatori occidentali. Magro e con una giacca di almeno una misura di troppo, sembrava Adrien Brody nel Pianista. Ero vestito leggero ma indossavo più soldi di quelli che lui guadagnava in sei mesi. Eppure quelli occhi che brillavano mentre mi mostrava con orgoglio il suo unico strumento Made in Germany, me li ricordo ancora. Pensa, mi è venuto in mente adesso, durante l’intervista: Mikhail, quando soppesa il sestante e pronuncia ad alta voce il nome del fabbricante tedesco, è lui, è quel ricercatore polacco. Non ricordo come si chiamasse, incontravo tanta gente all’epoca, ma certe cose ti rimangono dentro.
La stesura dell’enigma dei ghiacci è stata lunga e tortuosa? Oppure le parole sono uscite veloci come un fiume in piena?
Trovo impegnativo delineare la trama (intrecci, tempistiche con cui il lettore scopre certe cose, coerenza delle agende dei vari protagonisti), ma una volta fatto questo, scrivere è abbastanza facile. Al punto che spesso non resisto e comincio prima che la trama sia completa e poi devo sospendere la scrittura per metterla a punto, soffrendo per l’impazienza di ricominciare.
Quattro cose vere che si imparano leggendo “L’enigma dei ghiacci”. Ne sono assolutamente rimasta affascinata e quindi, mi chiedevo… cos’altro c’è di vero in questo libro?
Oltre a pesci di specie ignote che vivono sotto i ghiacci o ad alghe tanto toste che la Nasa pensa di portarle su Marte? O all’uso del kite vela per muoversi e alle basi permanenti interne (tre in tutto, una delle quali italo-francese, voglio ricordarlo) e più simili ai sommergibili che agli edifici? È vera ad esempio la storia dei trent’anni di scavo dei russi per raggiungere il lago, o la spedizione nazista nel 1939 e la contro spedizione americana guidata da un veicolo con ruote di tre metri di diametro e un aereo sul dorso. È vero che può capitare di imbattersi in un trattore dei tempi dell’URSS abbandonato nel nulla perché costava troppo recuperarlo o che nessuno ha cancellato i simboli del comunismo nelle basi russe (non per simpatie verso il regime, rare fra gli scienziati, ma per nostalgia di quando la Russia era una grande potenza). È vero che a meno 50° lo sputo si gela in volo e a Vostok in questo momento siamo fra 60 e 70 sotto zero, con un record di meno 89,2°. È vero che i pozzi nel ghiaccio oltre una certa profondità sono sempre riempiti d’idrocarburi per non collassare (sì, è un bel rischio) e che i viaggi in trattore per rifornire le basi sono molto avventurosi, al punto che si viaggia sempre in convoglio (le cosiddette “traverse”) e nessuno manderebbe in giro un solo veicolo come ipotizzo nel libro, tanto meno d’inverno. È anche vero che i laghi simili al Vostok (meno grandi e meno antichi) sono circa 400 in Antartide, molti dei quali collegati fra loro da fiumi subglaciali. In quelli più vicini alla superficie sappiamo con certezza che esistono forme di vita, come batteri ma anche pesci di specie sconosciute: un mondo straordinario, no?
Il libro è uscito già da un mesetto. Ti ritieni soddisfatto del risultato ottenuto? Oppure preferisci non controllare in modo approfondito il riscontro dei lettori?
Non ho riscontri precisi, ma visito spesso i siti che potrebbero ospitare recensioni come Goodreads o IBS o altri. Finora ne ho trovate pochissime, forse è ancora presto. Per questo trovo prezioso il lavoro di blog come il tuo: la dimostrazione che il web non è solo cyberbullismo ma un’immensa area di libero scambio d’idee, uno scambio di cui abbiamo sempre più bisogno e che nessun trattato commerciale internazionale può sostituire, perché si nutre di passione e di curiosità. Perciò: complimenti ancora.
Progetti futuri? Rivedremo ancora qualche personaggio? Oppure pensi di puntare su luoghi ancora inesplorati?
Al momento, mi sembra di essere in transito fra sogno e progetto: con questo libro e grazie a Longanesi (e a molta fortuna) sono andato oltre il primo, ma non sono ancora approdato al secondo. Vediamo come va “L’enigma dei ghiacci” poi parleremo di progetti.In fondo ho solo sessant’anni, no?