Chiara Marchelli [INCONTRO/17]
Il passare del tempo invece di alleviare i pesi ne moltiplica gli echi
L’ho scelta perché quando scrivo queste storie, sono generalmente cose che ci toccano. Non è una storia autobiografica però mi ha sfiorata da vicino dato che è successa a persone che mi sono molto care.
Come spesso mi succede, se una cosa del genere rimane dentro, sedimenta e non va via ne devo fare qualcosa.
Appena si inizia a leggere si capisce di entrare in una storia drammatica. La sospensione scandita da piccoli riti che si svuotano nel momento in cui ci si rende conto che sarebbero potuti essere delle condivisioni ma non lo sono più. È una cosa voluta?
E’ venuto scrivendo. Francamente stavo scrivendo una storia, poi questi sono sempre ragionamenti a posteriori.
Però forse volevo mantenere una certa discrezione nei confronti di una storia del genere perché ho voluto trattarla nella misura che io ritenevo migliore per me. Nel senso che avendo molto rispetto per un dolore di questo tipo, non volendo fare facili sentimentalismi, forse uno dei punti fondamentali che ho affrontato anche attraverso la scelta del linguaggio è stato quello di conservare una distanza di modo che la storia parlasse da sé.
E’ bello come hai inserito la teoria dei giochi, come lui cerchi di giustificare il dolore basandosi su delle formule matematiche, delle formule scritte e definite.
Si, è un po’ quello che tutti noi facciamo: tentiamo di contenere tutto ciò che ci spaventa.
Questo è un uomo che parte corazzato, distrutto. Prova a vivere come gli studiosi spesso fanno: a cacciarsi dentro, diventa la priorità della loro vita tanto che diventa anche la regola secondo cui gestire un dolore che altrimenti non sarebbe riuscito a gestire.
Poi però da una parte trova una conferma perché c’è questa adesione tra la teoria dei giochi e il suicidio. E quando ho iniziato le mie ricerche non lo sapevo, quando ci sono arrivata per me è stata una benedizione fare una scoperta del genere, dal punto di vista di uno scrittore.
Michele capisce che non c’è risposta nella teoria dei giochi, negli studi che ha fatto e allora lì c’è la rottura ma laddove si rompe entra la luce, no? Quindi lui fa anche una scelta di rinascita.
Come riesce a trasmettere il dolore al lettore?
Io non sono capace di scrivere di felicità. Si, è molto più facile scrivere di una storia d’amore ma io non sono capace di renderla interessante. La felicità non è uno stato ma un momento che non dura mai più di tanto, non la trovo interessante mentre nella sofferenza c’è il cambiamento.
Poi è una cosa che ho sempre fatto, finché uno scrittore mi fece notare che io nei miei romanzi metto sempre la morte perché la vita è la morte. A me interessano molto le forme del dolore.