Federica Bosco [INCONTRO/18]
Il mondo ce l’ha con tutti, basta che tu lo ignori e vada lo stesso per la tua strada, qualunque sia.
Com’è nata l’idea di creare un libro con un tema così delicato?
Sono una persona molto sensibile e questo tratto mi ha creato una grande varietà di problemi quando ero piccola, problemi che venivano risolti con un “falla finita, sei troppo piagnucolona”.
Io vivevo in uno stato di costante allerta, perché l’ipersensibile entra in un ambiente e “sente”. Una specie di sesto senso, molto forte: senti le persone, hai un’empatia esagerata, capisci subito se qualcosa non va e fai tue queste emozioni, oltre a quelle che già possiedi.
Ci puoi spiegare cos’è l’ipersensibilità?
L’ipersensibilità è stata studiata all’inizio degli anni Ottanta-Novanta quando è stato scoperto che l’intelligenza nell’emisfero destro e in quello sinistro ha una collocazione ben precisa. L’emisfero destro è quello dell’emotività, delle arti; quello sinistro è quello della pragmaticità, del calcolo. L’emisfero del mondo. A seconda di dove hai l’intelligenza sarai più o meno in balia delle tue emozioni.
L’ipersensibile sente tutto prima dal cuore che dal cervello, ciò che sta fuori arriva come uno tsunami di emozioni, qualunque cosa prende un’enorme importanza, non riesce a farsi scivolare addosso nulla. Quindi nell’arco della giornata sono milioni le emozioni che giungono addosso e tutte hanno la stessa importanza.
Le prime difficoltà arrivano dalla scuola perché il sistema scolastico è strutturato per gli emisferi sinistri per cui si impara a memoria, si ripete, non si da tanto spazio alla creatività e si fanno cose schematiche. Un bambino “altamente sensibile” si trova a seguire sempre le farfalle.
Anche oer mme la scuola è stata un disastro, tanto che alla fine credi anche tu di essere un fallimento perché te lo dicono e perché non vedi i risultati.
E come puoi farlo diventare un vantaggio?
Vorresti essere come tutti gli altri ma non ce la fa.
Io ci ho provato per molto tempo, ho tentato e ritentato però mi rendevo conto di dover pagare sempre un prezzo troppo alto e allora ho capito che bisogna trattarsi bene, con amore e pazienza.
Quando inizi a prenderti cura di te stesso allora incominci a viverla meglio.
La scrittura ti ha aiutato a “gestire” meglio la tua super sensibilità?
Non avrei potuto fare altro.
Sono uscita di casa molto giovane e ho fatto un po’ di tutto. Quando arrivavano a darmi delle responsabilità entravo però in conflitto automatico con me stessa. Allora cambiavo tutto. Lasciavo la città, il lavoro con la speranza di trovare un giorno il mio porto sicuro. E per un po’ funzionava, ma poi ricominciava questo dolore sordo perché mi sentivo incapace a differenza degli altri che erano a loro agio. La scrittura è arrivata molto tardi, e per caso durante una delle mie depressioni. L’autogestione che questo lavoro regala, mi ha decisamente salvata.
Quando hai preso coscienza di questo tuo lato?
Solo da pochi anni leggendo per la prima volta Rolph Selling. Realizzai che mi si stava aprendo un mondo che gli anni di analisi non era riuscita a mostrarmi: ho così incominciato a leggere tutto quello che era stato pubblicato e tutto improvvisamente tornava.
Un sospiro di sollievo: non sono fatta male, sono solo divera e soprattutto, non sono sola.