Amo la possibilità di dar voce a tutte le mie domande guardando negli occhi lo scrittore.
Amo gli pettegolezzi fatti prima dell’incontro, l’ansia di arrivare per tempo.
Amo il dopo, quando tutti siamo più leggeri e ci sfottiamo un pò.
Amo farmi coinvolgere dalle belle parole dello scrittore e magari cambiare idea del libro perché ho visto, che qualche volta il mio giudizio negativo deriva da un’incomprensione o da dei dubbi.
Lunedì scorso, ho avuto modo di parlare con Charlotte e di intervistarla insieme alle altre Blogger.
Come vi dicevo, il bello di queste cose sta anche nel panico che precede l’incontro, quando stai ancora cercando di capire che domande fare.
“Senti, ma te sai già cosa chiedere?”
“Si. Voglio sapere che droghe assume prima di scrivere”
Perchè si, questa lettura è stata bella ma anche sofferta.
Ammetto che comunque è stata difficile, Charlotte parlava solo tedesco e per quanto mi sia piaciuto ascoltarla, la diretta è stata così lunga che volevo morire.
La traduttrice (santa donna), doveva aspettare la nostra domanda, tradurgliela, stenografare la risposta e tradurcela.
Più di un’ora di intervista ma giustamente, non potevamo fare altro. Pazientemente, abbiamo avuto tutti la possibilità di chiederle qualcosa (e di fare spoiler) e lei, tranquillamente, dissipava i nostri dubbi o saziava le nostre curiosità.
Ho deciso di riportarvi solo alcune domande. Se invece, volete conoscere ogni dettaglio, potete andare sulla pagina della Corbaccio a vedere il video!
Ha scritto molti libri di genere diverso. Da dove riceve maggiore ispirazione? Cosa le dà il la per partire con una nuova storia?
La primissima ispirazione arriva sempre da qualcosa di banale e quotidiano. Può essere una frase che sento, oppure l’espressione di un viso e niente di più. Questo costituisce il primo episodio di una sequenza di riflessioni che faccio, che mi portano a immaginare una storia che non ha niente a che fare con la persona che ha fatto nascere quella scintilla, e il tutto diventa un libro.
Quindi, nessun fatto di cronaca specifica le ha dato ispirazione per quanto riguarda i fatti narrati nel libro?
Non sono stati tanto i fatti di cronaca o i giornali che mi hanno dato lo spunto, ma prima di cominciare a scrivere questo libro ero stata per ragioni mie a Sofia, in Bulgaria, e ho avuto quindi dei contatti con gente del posto. Queste persone mi hanno raccontato di una ragazza è scomparsa in circostanze misteriose, e di lei non si sono più avute notizie. Questa è stata la prima scintilla della storia. Molte delle persone che scompaiono senza lasciare traccia, spesso lo fanno volontariamente e non vogliono più dare notizia di sé.
I personaggi del romanzo, sono tanti e molto diversi tra loro. Si è ispirata a qualcuno in particolare oppure sono frutto della sua fantasia?
Non creo mai delle figure prese come copie da qualcuno che conosco veramente, ma sono le persone che finisco per conoscere che mi forniscono ispirazione per i personaggi dei miei libri. Osservo molto attentamente sia le mie esperienze di vita, sia quelle di queste persone e poi costruisco a poco a poco un personaggio che è un insieme di tutti i dettagli e sviluppo una sua vita specifica.
Quanto è importante l’immedesimazione durante la scrittura?
Tento di non identificarmi mai eccessivamente nei miei personaggi, perché devo poi anche scriverne e quindi è necessario mantenere una certa distanza. È sempre una questione di equilibri: da una parte mi devo proprio immergere in tutte le sensazioni dei personaggi, ma contemporaneamente devo mantenere la distanza che mi serve per rimanere oggettiva e neutrale nel momento in cui scrivo.
Quando scrive un romanzo come decide chi sopravvive e chi muore?
Come anticipavo prima, spesso ho un piano iniziale, col quale parto, però i personaggi a un certo punto sviluppano una vita propria e a volte uno che era destinato a morire in realtà sopravvive, o viceversa, quindi il mio piano iniziale può cambiare.
C’è un personaggio a cui è più legata?
Simon. C’è un modo di dire tedesco, “uovo molle”, che descrive una persona debole, e quello di Simon è un personaggio interessante proprio perché non risponde all’idea di uomo forte. È un personaggio pieno di dubbi, che si lascia sfruttare ma arriva a un punto in cui capisce che non può andare avanti così, perché i suoi insuccessi si moltiplicano a tutti i livelli e ha bisogno di un evento drammatico per cambiare.
Non ha avuto paura che Nathalie risultasse un personaggio troppo negativo?
Posso immaginare che alcuni lettori possano provare difficoltà a identificarsi con lei perché è un personaggio disturbato, tuttavia il lettore deve anche essere capace di sopportare questo genere di personaggio, perché ce ne sono anche nella nostra vita di tutti i giorni. Nel suo caso specifico c’è però un’evoluzione in positivo.
La scelta può diventare una colpa?
Questo è un tema molto importante all’interno del libro, perché a volte nella vita hai veramente delle frazioni di secondo per decidere che cosa fare, ed è quello che accade sulla spiaggia a Simon. Lui ha troppe poche informazioni per sapere se la sua decisione di un momento sarà corretta oppure no, così come spesso accade nella vita. È soltanto dopo molto tempo che guardandoti indietro puoi stabilire se è stata una buona scelta o no. Proprio questa tematica mi affascina e mi coinvolge molto, è una questione veramente interessante: fai una scelta e poi ti ritrovi a dover combattere contro un senso di colpa causato da quella scelta.
Quando finisce di scrivere un libro, a chi lo fa leggere per primo?
Appena finisco un romanzo lo do da leggere contemporaneamente a mio marito e alla mia editrice. Mio marito direi che si comporta in una maniera abbastanza particolare: in prima battuta mi dice tutto quello che non gli è piaciuto, e quando sono proprio a terra mi dice che sì, in fondo il libro può andare. Invece la mia editrice si comporta al contrario: prima mi elenca tutti i pregi e poi le cose che possono essere cambiate o migliorate. La cosa è interessante perché ognuno tende a valutare diversamente i vari personaggi. È importante sapere quando un certo personaggio a qualcuno non sembra comportarsi in maniera logica: questo per me è un segnale molto importante, perché significa che probabilmente non sono riuscita a descriverlo correttamente e quindi devo rimetterci le mani e cambiare qualcosa.
Avverte la pressione di dover scrivere ogni volta un altro bestseller?
In una certa misura il successo costituisce una pressione. Il fatto che l’ultimo libro abbia avuto successo muove tutta una serie di aspettative rispetto al prossimo che dovrà essere “bello tanto quanto” o anche migliore. È sempre difficile quando vedo sulla fascetta del libro non ancora entrato nelle librerie “l’ultimo bestseller di …”. Questa è una cosa abbastanza difficile da gestire e che desta sempre grandi attese.