Niccolò Zancan [INCONTRO/17]
Non erano le cose che mi accadevano a darmi la misura di me stesso, ma vederle riflesse nella considerazione degli altri.
Ogni incontro è qualcosa di magico, soprattutto quando sei lì insieme alle amiche che ormai vedi più spesso della famiglia.
Ogni incontro è una piccola opportunità, perché permette di essere a contatto con gente nuova e stimolante.
Ogni incontro è una nuova scoperta.
L’incontro in questione è stato con Nicolò Zancan ed il suo nuovissimo libro, L’undicesimo comandamento.
L’evento è stato un po’ come andare in battaglia.
Tra bottiglie che cercavano di ucciderci e frullatori che volevano distruggere il mondo partendo dal nostro bar… siamo riusciti a chiacchierare con Nicolò e dopo un inizio un po’ impacciato (facciamo sempre paura!), ci siamo addentrate nella foresta.
Io purtroppo sono un metropolitano nevrotico e anzi, sento questa cosa come un grosso problema personale: la fortuna e la bellezza di poter scrivere è anche quella di immaginare qualcosa di diverso.
Impossibile non rivedersi in queste parole. Tutti siamo un po’ come Andrea, il protagonista del libro. Tutti siamo nevrotici e sempre attaccati al telefono, sempre pronti a condividere con il mondo quello che facciamo e vediamo. La tecnologia può avvicinare moltissimi cuori ma il passo per diventare un’ossessione è assai breve. Credo che ci sia un forte bisogno di un ritorno alla fisicità.
Alla fine della giornata voglio sentirmi stanco a livello fisico, per qualcosa che ho fatto: non voglio sentirmi apatico e con gli occhi che bruciano per il troppo tempo passato davanti allo schermo del computer.
Mi rendo contro che parlare o promuovere attraverso il web, possa sembrare un controsenso però è vero. Arrivare a fine giornata, con gli occhi stanchi, rende spesso le persone scontente.
Essere attaccati a ogni dispositivo però, fa sorgere almeno un paio di domande.
Quanto coraggio ci vuole ad essere sé stessi? Molto coraggio. Perché apparentemente l’Occidente non è mai stato tanto libero come adesso, ma nel concreto c’è un’omologazione totale. Eppure, l’omologazione non permette di stanare i veri talenti che potrebbero raggiungere il successo… Innanzitutto bisogna stabilire cosa sia effettivamente il successo, perché ora come ora è una cosa troppo identificata con la visibilità. E qui ritorniamo al condividere qualsiasi cosa con il mondo, perdendo molta della magia del momento e del luogo.
Anche un’altra domanda diventa quasi obbligatoria, soprattutto se si è già avuto il piacere di leggere il libro. Il protagonista, prima della vera fuga, lancia il suo telefono, perdendo così in modo forzato la connessione con tutto. Chissà però quanto può reggere Nicolò… Non ci sono riuscito del tutto, e anzi, questa esperienza mi ha dato modo di vedere quelli che sono sintomi di una vera e propria nevrosi: il telefono diventa un arto, e quando ce ne separiamo ci sentiamo come se ci mancasse una parte di noi. Però, la bravura deriva anche da questo. Cercare di immergersi in quello che si vuole raccontare. Solo così si riesce a creare un filo emotivo con il lettore.
Come mio solito, non posso esimermi dall’ammirare la copertina.
Un bosco dal colore brillante, un po’ come quello che vedo ormai ogni estate ma fondamentalmente…. l’idea di chi è stata? Qualcuno proponeva un bosco autunnale ma no, questa è sicuramente la scelta migliore!