Stelle e ottone_Quotes
«Davvero, Valmori? Hai appena scoperto l’esistenza della magia e la tua prima reazione è interessarti ai palazzi?» Ismael mi lanciò un’occhiata di traverso, aveva reclinato la testa e sulla fronte c’era il segno di un graffio della stessa forma della stecca dell’ombrello. «E potresti essere un po’ meno maldestra?»
«Potresti essere un po’ meno alto?», ribattei facendo per avanzare, quando sentii le sue mani avvolgere le mie e prendermi il manico di mano.
«Vedrò cosa posso fare»
Rabbrividii e fremetti al pensiero, osservando il sole che finalmente sorgeva a rischiarare l’oscurità. Fu allora che intravidi un braccio affiorare dalle acque, seguito da una massa di capelli scuri e la linea di una schiena.
Una sirena, pensai di getto, perché in pochi avrebbero potuto nuotare contro quelle correnti. Rimasi attonita a fissare la sagoma fino a quando una mano olivastra non afferrò la scaletta sul bordo della Fondamenta poco lontano da me. Dalle onde emersero le spalle tornite e il viso concentrato di Ismael Sagredo.
Strinsi le dita a pugno per ricordargli che il loro posto era lì, ben vicino al mio corpo, possibilmente strette attorno a una penna o altri strumenti di lavoro. Non certo addosso a Ismael Sagredo. «Questa volta sei stato tu a barare allora», osservai, e ora farfugliai per davvero.
«Ma a te non sembra sia dispiaciuto», replicò arricciando gli angoli delle labbra e salutandomi con un cenno della mano, prima di scomparire oltre la porta.
Si voltò a guardare le due colonne, stringendosi ancora il braccio, ma nei suoi occhi riconobbi un dolore diverso. Era come guardare un animale intrappolato in una gabbia di splendidi glifi. Ismael allungò una mano senza però toccare le colonne. «Le hanno rubate senza nemmeno conoscere la lingua, capisci?
Perché erano belle, come se l’estetica fosse il fine di ogni creazione. Queste incisioni erano un canto per la loro gente e portandole via le hanno rese mute. Quello che hai visto aprirsi non è un portale, è una ferita.»
So che l’ultima volta che ti hanno regalato un gioiello era per
inibirti.
Questi sono per farti brillare.
I.S.
«Valmori», disse, studiando il mio abbigliamento con un accenno di sorpresa, che presto sfumò in fastidio. «Ti fanno già vestire come una di noi?»
Strinsi le dita dietro la schiena, condividendo segretamente il pensiero di non meritare affatto l’uniforme, ma non gli avrei mai dato la soddisfazione di trovarmi d’accordo. «Sì, e hanno detto che presto mi daranno anche una bacchetta.»
Ismael annuì, inspirando una boccata di fumo dell’incenso. «Ho
davvero fatto il tuo stesso ragionamento, Valmori? Devo essere proprio acciaccato.»
«Cosa ti fa tranquillizzare, Ambra?»
La sua voce mentre chiamava il mio nome lo faceva, ma non potevo ammetterlo. Gli avrei solo strappato un altro sorriso compiaciuto.
Ma nulla poteva spiegare la mia stupida euforia di fronte al sorrisetto di Ismael, quando si chinò abbastanza da potermi sussurrare: «Pare che dovrai continuare a chiamarmi professore, Valmori».