Matteo Bianchi è uno scrittore italiano e appassionato di Musica.
Dopo aver terminato il servizio civile in un istituto per la cura di bambini psicotici, nel 1993 scrive alla casa editrice Stampa Alternativa facendo finta di aver scritto un rapporto sull’esperienza appena vissuta. Gliene manda due pagine (le uniche effettivamente scritte) e viene contattato inaspettatamente dal direttore editoriale M. Baraghini, che vuole pubblicare tutto il memoriale.
Oggi, dopo 24 anni, Matteo ritorna nelle librerie con Maria accanto.
Betty, la protagonista del libro, è una semplice ragazza di Milano che ad un certo punto inizia a vedere cose strane, fino a quando nella sua camera appare Maria, che le chiede di essere semplicemente sua amica. Ma appena arriva Maria, qualcosa cambia nella vita di Betty, e sarà la stessa protagonista a guardare il mondo da un altro punto di vista.
Il libro, come ha affermato lo stesso autore, tocca dei temi importanti, senza mai andare in profondità.
Il fatto che nel libro, Maria si vesta con i jeans la rende parte del nostro mondo, più umana. La nostra immaginazione ci fa credere che ciò che fa parte del Cielo non ci appartenga: ciò non è vero, siamo noi invece che non facciamo parte del Cielo e non capiamo. Non è facile comprendere questa unione tra Cielo e Terra
Tra una domanda e l’altra sulla trama ed i personaggi, non poteva assolutamente mancare la curiosità più comune. Com’era nato il libro?
Ero con un amico regista, Max Croci, ad un festival di cinema a Maiorca. Una mattina, al tavolino di un bar chiuso sulla riva del mare, mentre eravamo alla ricerca di ispirazione per il prossimo film, mi è venuto da raccontare tutta la storia, che come cortometraggio non poteva andare bene. Ne ero così preso che mi spiaceva lasciarla lì, a prender polvere in un cassetto e quindi, decisi di scrivere un romanzo
Dice di non aver abbandonato assolutamente l’idea di farlo diventare un film ma la vede dura non essendo una storia facilmente etichettabile (cosa di cui è particolarmente orgoglioso).
Orgoglioso anche perché scrivere, per lui, è una sofferenza ma in questo caso, è fiero del lavoro finale. Lo dimostra anche nei piccoli dettagli, come l’inserimento dell’artista teologo Jan Knap, che aveva scoperto molti anni prima e che ha voluto inserirlo perché “ci stava bene e dipingeva una Madonna non divina ma umana”.
La bravura dello Scrittore sta nel calarsi appieno nel personaggio principale, facendo sì che il lettore non si accorga né del sesso e dell’età differente di chi vive e chi scrive la storia.
Non mi sono posto tantissimo il problema dell’età, quanto quello della normalità.
“Maria accanto” parla di una ragazza che fa quelle cose che forse facciamo un po’ tutti, anche un po’ vergognandoci, come andare al centro commerciale di sabato pomeriggio per prendere due cose, andare a fare la spesa, comprare vestiti in Corso Buenos Aires. Insomma un po’ le cose di una persona qualsiasi.
Il problema per Betty è vedersi da fuori: improvvisamente tutto quello che fa, avendo Maria accanto, le sembra stupido, troppo banale.
C’è una scena in cui vanno a un concerto insieme e lei si guarda intorno e pensa che chiunque altro potrebbe essere più adatto di lei, perché forse è l’effetto che avremmo tutti: perché io?
Tutte hanno una storia più interessante della sua. Forse, più drasticamente, tutte hanno una storia, punto.
Betty no.
Cos’ha da raccontarle una che cerca tra gli appuntamenti sul giornale le cose interessanti da fare, perché di suo non ha alcuna idea?
Il bello della storia sta anche nel fatto che Betty si rende conto all’improvviso che la sua vita è addirittura banale, mentre Maria è proprio alla ricerca di quella semplicità che noi, nemmeno apprezziamo più.
Uno scambio inconsapevole e semplice tra due donne che hanno sempre e molto da imparare.
Riassumendolo in maniera molto semplice: Maria non è spaventata dalla banalità che invece terrorizza Betty perché le sembra quasi uno spreco avere lì la Madonna e farle vedere H&M, ma in realtà la vita di tutti noi è fatta così, di questo tipo di banalità. Non abbiamo mediamente esperienze eccezionali però se lo fossero, allo stesso tempo, sarebbero meno significative per Maria perché rappresenterebbero delle eccezioni.
La frase che ho scelto da inserire sul retro della copertina è: Siamo tutte ragazze qualsiasi. Sono le nostre esperienze a renderci speciali.
Come tutte le cose però, anche in questo caso si è arrivati alla fine ma non in modo triste. L’ultimo capitolo dona una quiete che porta a dire “è giusto che sia finito così”.
Per la prima volta in vita mia non ho mai avuto la sensazione che fosse finito perché ne ho scritto una versione che era ancora più breve, consapevole che non fosse sufficiente però ho dovuto confrontarmi con l’editor della casa editrice, con un po’ di persone, perché io capivo che sarei dovuto andare avanti per questa strada ma avevo bisogno che qualcuno dall’esterno mi desse dei riscontri effettivi.
Io poi sono anche uno che non scrive in ordine cronologico: cioè io non scrivo dall’inizio per arrivare alla fine, sono capace di scrivere prima il quinto capitolo poi il ventesimo e poi l’ottavo perché devo mettere giù dei punti importanti e poi dopo, come nella Settimana Enigmistica, unisco tutto e capisco cos’è successo. Quindi in questo caso ho fatto lo stesso: ho posto i punti fondamentali per poi sistemare il resto. Sono andato avanti a sistemarlo praticamente fino al momento in cui è andato in stampa e avevo proprio la sensazione che avrei potuto continuare all’infinito. Ora, però, mi sembra concluso e ne sono soddisfatto.