Alexandra Bracken

Alexandra Bracken

Alexandra Bracken

Alexandra Bracken_Autor

NOTE BIOGRAFICHE

Alexandra Bracken (1987) è nata e cresciuta a Scottsdale, in Arizona. Si è laureata in letteratura inglese e storia in Virginia e per sei anni ha lavorato a New York nel campo dell’editoria. Ha raggiunto il successo con la trilogia The Darkest Minds e con la serie Passenger, pubblicate in Italia da Sperling & Kupfer. Nel 2018 ha pubblicato Il malefico caso Alastor contro Redding (Piemme) e nel 2019, sempre per Piemme, L’ultima vita del principe Alastor.

 

LIBRI PUBBLICATI

  • Darkest Minds di Alexandra Bracken (film)
  • Darkest Minds. Una ragazza pericolosa di Alexandra Bracken (qui)
  • Darkest Minds. L’ultimo bagliore di Alexandra Bracken
  • Darkest Minds. La fuga di Alexandra Bracken (qui)
  • Passenger di Alexandra Bracken
  • Traveller di Alexandra Bracken
  • Il malefico caso Alastor contro Redding di Alexandra Bracken
  • Star Wars. La principessa, la canaglia e il giovane fattore di Alexandra Bracken
  • L’ ultima vita del principe Alastor di Alexandra Bracken

Daniel Speck [INCONTRO/18]

Daniel Speck [INCONTRO/18]

La storia della mia vita era fatta di una serie di separazioni. Ed erano sempre state le donne a prendere in mano il loro destino. I bambini ne pagavano il prezzo.

Volevamo andare lontano racconta una storia comune a tutti, anche a chi non ha vissuto la guerra e ciò che è venuto subito dopo.

Tre generazioni che si raccontano e che dipingono la loro anima attraverso ciò che hanno vissuto. 

Vincent e Giulietta, che si incontrano a Milano per lavoro e subito si crea un’alchimia difficile da ignorare. Vincenzo e la moglie, si sono incontrati e scontrati in un momento particolare della loro vita che ha causato solo la meraviglia di Julia, che da adulta, fiera ed indipendente, insegue il suo sogno di diventare stilista ma che non riesce ancora a far pace con il vuoto che sente nel cuore.

Tutti (o quasi) i personaggi hanno nomi collegati con le auto, come Vincenzo (Vincenzo Lancia pilota automobilistico e imprenditore italiano, fondatore della casa automobilistica Lancia) o Giulietta (Alfa Romeo Giulietta è un’autovettura prodotta dal 1955 al 1966 dall’Alfa Romeo) e poi Julia (Alfa Romeo Giulia (Tipo 105) è un’autovettura prodotta dall’Alfa Romeo dal 1962 al 1977. Nata come erede della “Giulietta”, è stata proposta in numerose varianti di carrozzeria, nelle tipologie berlina, coupé, cabriolet e spider) che essendo il nome della nipote di Giulietta, sembra creato a doc per questa storia. Vincent invece, si scosta poco dalle case automobilistiche ma rimane un’oggetto fatto per spostarsi in comodità ma anche per correre veloci (Vincent Black Shadow è una motocicletta prodotta dalla Vincent dal 1948 al 1955. Con prestazioni molto superiori rispetto alle altre concorrenti dell’epoca, divenne ben presto un mito negli USA). L’idea era di inserire degli elementi un po’ maschili, un po’ duri e concreti, giuso per non cadere nel clichè del romanzo d’amore sempre troppo sdolcinato. 

L’idea di raccontare attraverso anche gli occhi di due donne, non è stato un problema perché essere sceneggiatori aiuta a sviluppare una mente ed una fantasia camaleontica. 

Forse per impersonare una donna devo fare uno sforzo in più, però direi che in loro c’è sempre qualcosa che trovo anche in me. Quando ero un giovane sceneggiatore vivevo come Julia, sacrificando tutto alla mia passione: questi sentimenti non sono solo femminili. Non mi sono sentito un inventore, ma un testimone di una storia vera, come se questi personaggi fossero effettivamente vissuti. 
Incontro molte persone e scrivo tante storie, per cui non mi è poi così difficile mettermi nei panni di una donna.

Per quanto però possa essere una buona scuola, fare il lavoro dello sceneggiatore è anche molto costrittivo e lo scoglio più grande è il budget. 

Io qui scrivo che i personaggi si trovano in piazza del Duomo a Milano, negli anni Cinquanta, ma un produttore cinematografico mi direbbe “Sei pazzo? Duecento comparse, i costumi, le auto d’epoca…” e questa frase tradotta al cinema costerebbe un milione di euro.

Scrivere un romanzo invece, vuol dire non porsi limiti ed è liberatorio poter scrivere senza dover tenere conto dei dettagli su cui il regista invece, non vuole e non può transigere.

Non è comunque facile passare dall’essere uno sceneggiatore ad uno scrittore. 
I modi di raccontare sono completamente diversi e mentre nel primo devi essere molto secco perché poi, sarà l’attore a doverci mettere l’anima, nel secondo bisogna essere più naturali perché non ci sarà nessuno a dare un’anima ai personaggi. 

Non devi descrivere troppo le emozioni. Ci sono romanzi che usano tantissime parole ma in cui non succede niente, e queste storie mi annoiano terribilmente. Forse il linguaggio cinematografico mi ha aiutato a descrivere più le azioni delle emozioni.

Daniel sta comunque lavorando ad un secondo libro, perché questa nuova esperienza gli è piaciuta e pensa di proseguire su questa via ancora per un po’. 
Troveremo ancora una volta una famiglia ma, sarà italiana in Tunisia e racconterà una storia sempre con la ricerca di un tabù famigliare. 

Credo che i tabù siano cose non dette nelle famiglie e che sono più importanti delle cose invece che vengono dette, sono quelli che veramente ci influenzano e questo è un tema che mi interessa molto, ovvero quello della famiglia, delle generazioni esistite prima di noi, quello che grazie a loro abbiamo imparato e a quello che ci lasciano, così come cita la prima frase del libro “La nostra vita non appartiene soltanto a noi. Questa casa che chiamiamo Io e1 abitata da coloro che sono venuti prima di noi. Le loro orme sono impresse nella nostra anima. Le loro storie ci rendono quello che siamo.

Daniel Speck_Autor
Volevamo andare lontano di Daniel Speck
Niccolò Zancan [INCONTRO/17]

Niccolò Zancan [INCONTRO/17]

Niccolò Zancan [INCONTRO/17]

Non erano le cose che mi accadevano a darmi la misura di me stesso, ma vederle riflesse nella considerazione degli altri.

Ogni incontro è qualcosa di magico, soprattutto quando sei lì insieme alle amiche che ormai vedi più spesso della famiglia. 
Ogni incontro è una piccola opportunità, perché permette di essere a contatto con gente nuova e stimolante. 
Ogni incontro è una nuova scoperta.

L’incontro in questione è stato con Nicolò Zancan ed il suo nuovissimo libro, L’undicesimo comandamento.

L’evento è stato un po’ come andare in battaglia. 
Tra bottiglie che cercavano di ucciderci e frullatori che volevano distruggere il mondo partendo dal nostro bar… siamo riusciti a chiacchierare con Nicolò e dopo un inizio un po’ impacciato (facciamo sempre paura!), ci siamo addentrate nella foresta.

Io purtroppo sono un metropolitano nevrotico e anzi, sento questa cosa come un grosso problema personale: la fortuna e la bellezza di poter scrivere è anche quella di immaginare qualcosa di diverso. 
Impossibile non rivedersi in queste parole. Tutti siamo un po’ come Andrea, il protagonista del libro. Tutti siamo nevrotici e sempre attaccati al telefono, sempre pronti a condividere con il mondo quello che facciamo e vediamo. La tecnologia può avvicinare moltissimi cuori ma il passo per diventare un’ossessione è assai breve. Credo che ci sia un forte bisogno di un ritorno alla fisicità. 
Alla fine della giornata voglio sentirmi stanco a livello fisico, per qualcosa che ho fatto: non voglio sentirmi apatico e con gli occhi che bruciano per il troppo tempo passato davanti allo schermo del computer. 
Mi rendo contro che parlare o promuovere attraverso il web, possa sembrare un controsenso però è vero. Arrivare a fine giornata, con gli occhi stanchi, rende spesso le persone scontente.

Essere attaccati a ogni dispositivo però, fa sorgere almeno un paio di domande. 
Quanto coraggio ci vuole ad essere sé stessi? Molto coraggio. Perché apparentemente l’Occidente non è mai stato tanto libero come adesso, ma nel concreto c’è un’omologazione totale. Eppure, l’omologazione non permette di stanare i veri talenti che potrebbero raggiungere il successo…  Innanzitutto bisogna stabilire cosa sia effettivamente il successo, perché ora come ora è una cosa troppo identificata con la visibilità. E qui ritorniamo al condividere qualsiasi cosa con il mondo, perdendo molta della magia del momento e del luogo.

Anche un’altra domanda diventa quasi obbligatoria, soprattutto se si è già avuto il piacere di leggere il libro. Il protagonista, prima della vera fuga, lancia il suo telefono, perdendo così in modo forzato la connessione con tutto. Chissà però quanto può reggere Nicolò…  Non ci sono riuscito del tutto, e anzi, questa esperienza mi ha dato modo di vedere quelli che sono sintomi di una vera e propria nevrosi: il telefono diventa un arto, e quando ce ne separiamo ci sentiamo come se ci mancasse una parte di noi.  Però, la bravura deriva anche da questo. Cercare di immergersi in quello che si vuole raccontare. Solo così si riesce a creare un filo emotivo con il lettore. 

Come mio solito, non posso esimermi dall’ammirare la copertina.

Un bosco dal colore brillante, un po’ come quello che vedo ormai ogni estate ma fondamentalmente…. l’idea di chi è stata? Qualcuno proponeva un bosco autunnale ma no, questa è sicuramente la scelta migliore! 

Niccolò Zancan_Autor
L’undicesimo comandamento di Niccolò Zancan

Sara Rattaro 2 [INCONTRO/17]

Sara Rattaro 2 [INCONTRO/17]

Vogliamo sapere la verità. La desideriamo più di ogni altra cosa. Frughiamo nelle tasche e controlliamo umori e telefonate. Lo facciamo perché siamo convinti di poterla affrontare e, se questa sembra sfuggirci, ci intestardiamo come muli senza prendere in considerazione che forse sarebbe meglio non sapere

Com’è nato il libro? 

Questa è una storia che è arrivata un po’ all’improvviso con questo segnale che è un po’ quello delle mie storie: improvvisamente ho sentito il desiderio di raccontare di Giulia. 
Giulia è una donna di quarant’anni che improvvisamente, si trova a dover gestire la sua vita pubblica, la sua vita privata e la sua vita segreta. Un giorno qualunque si ritrova su una spiaggia e l’uomo con cui è, di cui è follemente innamorata, ha un malore e quindi lei con la forza della disperazione fa di tutto per soccorerlo. 
Contemporaneamente in questo tragitto in cui vanno in ospedale, c’è un ingorgo del traffico perché c’è stato un incidente e la persona che lo ha causato è il vero marito di Giulia, Emanuele, il quale si ritroverà nello stesso ospedale e neanche lui era da solo in macchina. 

Sembra che il karma sia contro Giulia. Prima l’uomo che ama e nello stesso tempo, quello che ha sposato.

Sono convinta che la vita abbia più fantasia di noi quindi a volte le cose vengono scoperchiate per una banalissima serie di inidizi o coincidenze e Giulia, in questo caso, si ritrova di fatto in ospedale con al piano di sotto il marito e al piano di sopra il suo amante.

Perchè il bisogno di aver due vite così separate? Ciò che vorrebbe e ciò che ha fatto.

L’amore addosso è un romanzo legato a tutto quello che noi siamo e dobbiamo essere.
Il fatto che, soprattutto per quanto riguarda le donne, dobbiamo essere sempre “qualcosa”: siamo una moglie, una mamma, una donna che lavora, una dipendente, abiamo sempre un ruolo e non c’è mai un momento in cui possiamo permetterci il lusso di essere noi e basta. Ruoli che ovviamente sono dominanti nella nostra vita, perché se sei una mamma e una moglie non puoi fare un sacco di cose, se per caso non sei una moglie o non sei una mamma e hai un’età “al limite” la società ti si rivolta contro – siamo sempre sbagliate in qualche modo.

Come’è stato deciso il titolo del libro?

Il significato del titolo è proprio il concetto dell’”dosso”. Avevo un disperato bisogno di un titolo che fosse avvolgente sulla mia protagonista. Quindi ho pensato al concetto dell’amore addosso proprio come tutte le cose che puoi avere addosso e che simboleggino l’amore: l’amore materno, l’amore nei confronti di una marito o di un amante e lei le ha proprio tutte addosso quasi come se fossero rovesciate.

C’è anche un altro grande personaggio accanto a Giulia.

Mi sono accorta di non averle mai dato un nome solo dopo aver finito il romanzo.
Lei sarà la madre che rappresenta insieme a Giulia uno scontro generazionale molto preciso che non è lo scontro generazionale tipico di tutte le madri con le figlie, ma sono proprio le loro date di nascita ad essere importanti. Perché la mamma di Giulia è una donna che nasce alla fine della seconda guerra mondiale e le donne nate in quel periodo a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta sono donne che hanno lavorato tantissimo.
Intanto perché escono da una situazione sociale dove la guerra aveva tolto tutto, soprattutto l’affettività, la condivisione degli affetti, il concetto di famiglia che non fosse legato al “costruiamoci qualcosa e togliamoci le macerie” e sono tutte donne, soprattutto quelle che hanno lavorato fuori da casa, che hanno davvero lavorato tanto perché lavorare in quel periodo per una donna era difficilissimo perché di fatto poi non ti era proprio molto concesso – erano delle vere pionerie. Dall’altra parte lavorare fuori non ti alleviava dal lavororare in casa perché dovevano comunque gestire i loro lavori una volta tornate a casa.

Sara Rattaro_Autor
L'amore addosso di Sara Rattaro

Antonella Tomaselli e Massimo Vacchetta [INTERVISTA/16]

Antonella Tomaselli e Massimo Vacchetta [INTERVISTA/16]

Massimo Vacchetta
Buongiorno Massimo, grazie per esser riuscito a ritagliare del tempo per noi. Vorrei iniziare con qualcosa di classico, giusto per prendere un po’ di confidenza. Parlaci un po’ di te.
Vivo in Piemonte, a Novello. Sono un veterinario e quando ho cominciato a lavorare mi son prevalentemente occupato di bovini. Sono da sempre appassionato di natura e animali. Ora gran parte del giorno e della notte la dedico ai ricci, piccoli animali selvatici a rischio di estinzione.
Perché sei diventato un veterinario?
Da ragazzo ero indeciso, volevo fare l’astrofisico, ma mi stuzzicava pure dedicarmi a degli studi d’arte. Però, come si leggerà anche nel libro, prevalse il desiderio di dedicarmi agli animali.
Come mai ti sei dedicato ai ricci?
Proprio per caso. Tutto è cominciato quando ho incontrato Ninna, una riccetta spettinata, che ha mosso qualcosa dentro di me: la compassione. Ninna, inevitabilmente, ha catturato il mio affetto. Mi è stata affidata da un collega: era una cuccioletta di appena 25 grammi, nata da poco e completamente sperduta. Ho fatto il possibile per aiutarla a sopravvivere… All’epoca non sapevo nulla di ricci e ho seguito le indicazioni degli esperti, un po’ il buon senso. Le davo il latte ogni tre ore e tra una “poppata” e l’altra come non innamorarsi di lei? Era bellissima, tenerissima e così indifesa…
Quanto è stato difficile lasciare andare Ninna?
Tantissimo. E’ stata una decisione molto contrastata. Sapevo che ormai era pronta per ritornare in natura e che se la sarebbe cavata, ma non riuscivo a staccarmi. Da una parte mi frenava l’estremo attaccamento a lei, dall’altro un animale selvatico per essere felice deve essere restituito al suo habitat naturale. E io ho scelto la sua felicità. L’ho liberata in un posto bellissimo, che chiamo il «Paradiso», dove avrebbe trovato tutto quello che le serviva. Non l’ho più rivista da allora, ma spero ancora che possa succedere. Chissà…
Cosa vorresti trasmettere al lettore?
La mia passione, il mio entusiasmo, il mio amore per gli animali. In modo che tutti si attivino e tendano una mano per preservare il nostro pianeta. Solo così facendo potremmo salvarci…
Puoi darci qualche consiglio su come trattare i ricci? Io, come sicuramente molti altri, ne trovo alcuni che gironzolano confusi per strada, in periodi dove dovrebbero essere altrove. Come ci si deve comportare?
Se ne vediamo uno di giorno in campo aperto, ha sicuramente bisogno d’aiuto. Se vedete un riccio fermo sulla strada, fermatevi e soccorretelo.
Per informazioni più dettagliate, vi invitiamo qui: 
Facebook Centro Recupero Ricci “La Ninna”
www.lacasadeiricci.org
Raccomando comunque estrema attenzione quando si usano decespugliatori, o quando si bruciano cumuli di rami e foglie in giardino. Inoltre esorto a non usare veleni in agricoltura. Preservare le aree naturali intorno a noi è di fondamentale importanza per la sopravvivenza dei ricci.
Com’è nata l’idea di aprire “La casa dei ricci”?
Per me è stato un percorso inevitabile: mi sono talmente appassionato, tramite Ninna, che ho sentito il bisogno di fare qualcosa per i ricci e per tutta la natura.
Antonella Tomaselli
Buongiorno Antonella, grazie per averci concesso il tempo per questa intervista. Vuoi parlarci un po’ di te?
Sono bergamasca, ma da qualche anno a questa parte vivo quasi sempre in Liguria. In famiglia siamo in tre: io, mio marito e nostro figlio. Più quattro yorkshire terrier. Più il nostro gatto, che non è nostro, ma che ha deciso di “adottarci” 
Questo non è il tuo primo libro. Cosa ti ha spinto a parlare di ricci?
Scrivo storie vere per “Confidenze tra amiche” e ho conosciuto Massimo, il protagonista del libro, quando ho scritto la sua storia per il giornale. Mi piace scrivere di vari argomenti, ma adoro raccontare di animali e di natura: sono la mia passione.
Vedo che i diritti del tuo libro precedente sono stati destinati in beneficenza. Da dove nasce quest’idea di scrivere per aiutare chi ne ha bisogno?
Penso che se ogni persona facesse qualcosa per aiutare gli altri, il mondo sarebbe migliore. Cito una frase del libro “25 grammi di felicità”: “Se ognuno facesse la propria parte le gocce nel mare formerebbero, insieme, oceani e cieli”.
Collaboro con ioleggoconjoy.com, un blog letterario no profit, dalla parte degli animali, che accoglie scritti e pubblica libri a sostegno di associazioni che operano per i diritti degli esseri viventi più deboli (umani compresi). Il mio libro precedente è appunto stato pubblicato da ioleggoconjoy.
Cosa pensi di Ninna e di tutti i suoi fratelli?
Mentre scrivevo di lei e degli altri mi ci sono affezionata tantissimo. Me li vedevo proprio mentre vivevano le loro storie. Sono così teneri e indifesi! Irresistibili! Mi sono commossa per ogni liberazione in natura. 
Cosa vorresti trasmettere a tutti i lettori che leggono e leggeranno “25 grammi di felicità”?
Mi è piaciuto scrivere di Massimo e dei suoi riccetti, io e lui siamo ben sintonizzati e avvertiamo le stesse emozioni. E sono proprio queste ultime che ho cercato di trasmettere. Nel libro ci sono brani molto toccanti e altri, al contrario, divertenti, ma da tutti traspaiono sentimenti buoni e delicati. Ecco, spero che queste sensazioni arrivino a chi legge e leggerà. Insieme all’attenzione, all’amore e al rispetto per questi affascinanti ricci, e per tutta la natura che ci circonda. 
25 grammi di felicità di Massimo Vacchetta e Antonella Tomaselli