Probabilmente forse non sapete che come Alice Chimera, anche io ho una passione per “Alice nel paese delle meraviglie”. Quando ha preparato questo BT per far conoscere il suo libro, io ero già destinata a questa tappa e che onore!!!
Veniamo quindi alla nostra amata bambina… dalle sue origini con Lewis, fino a Chimera.
Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, è un romanzo fantastico pubblicato per la prima volta nel 1865 dal matematico e scrittore inglese reverendo Charles Lutwidge Dodgson, sotto il ben più noto pseudonimo di Lewis Carroll.
Ma chi era quell’uomo?
Lewis Carroll è lo pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson, matematico e scrittore inglese nato nel 1832 e morto nel 1898. Lo pseudonimo è un gioco di parole fra i suoi due nomi di battesimo: Charles (Carolus in latino) è diventato Carroll; Lutwidge (Ludovicus in latino) è diventato Lewis. È molto probabile, che Lewis Carroll soffrisse di un particolare disturbo neurologico che causava allucinazioni e distorsioni nella forma degli oggetti, facendoli sembrare molto più piccoli o molto più grandi (un tema ricorrente, nel libro). Il disturbo, scoperto e spiegato nel 1955 dallo psichiatra inglese John Todd, è anche conosciuto come l’Alice in Wonderland Syndrome.
Com’è nato il Libro?
In una soleggiata mattina estiva (che Carroll traspone in versi nel suo Meriggio Dorato (proemio dell’opera)), Lui e il reverendo Robinson Duckworth si trovavano in una barca sul Tamigi con tre bambine (Alice e le due sorelle).
Durante il viaggio nacque la storia, che più tardi mise per iscritto e regalò ad Alice Liddell, che tanto aveva insistito perché lo facesse, diventando quindi Alice’s Adventures Under Ground (“Le avventure di Alice nel Sotto Suolo”), che si sviluppava in soli quattro capitoli illustrati da Carroll stesso. Solo più tardi venne pubblicata la sua storia, aggiungendo nuovi personaggi e situazioni, commissionando inoltre le illustrazioni a John Tenniel.
Le interpretazioni psicologiche e il contesto storico
Tutti i personaggi della favola manifestano elementi di interesse psicopatologico, in stretto contatto con il clima conservatore della Victorian Age. Alice è una bambina confusa e disorientata alla ricerca di un’identità, come si evince dalla sua irrequietezza e volontà di fuga perenne. È come se la sua libertà fosse perennemente ostacolata dal rigore morale e dalle imposizioni esterne. Per questo motivo, tutte le conversazioni che lei intraprenderà, non hanno senso, proprio perché la bambina non riesce ad accettare l’obbedienza e il rispetto delle regole. Il Brucaliffo e lo Stregatto rappresentano le figure genitoriali, infatti tutte le risposte che i due animali danno ad Alice nascono dal desiderio di contraddire la piccola, come rappresentazione del divieto dell’età del proibizionismo. Significativo poi è l’aforisma “Tagliatele la testa“, ripetuto più di una volta dalla terribile Regina di Cuori, citato per esorcizzare la paura che personaggi politici del tempo perdessero il controllo. Negli anni seguenti poi, le interpretazione di questa misteriosa fiaba si sono sprecate: c’è ad esempio chi sostiene che la storia di Alice è un trip mentale, un viaggio nella sperimentazione di tutte le droghe esistenti. Oppure chi trova all’interno della trama, regole logiche, linguistiche, fisiche e matematiche. Addirittura, spesso il sogno, l’elemento grazie al quale Alice compie le sue mille peripezie, viene accostato a ciò che Freud nella sua Interpretazione dei sogni definisce inconscio. Egli lo considera come il luogo della non consapevolezza, in cui vengono “immagazzinati” tutti i desideri irrealizzabili e i traumi che, per non danneggiare la stabilità psicologica dell’individuo, vengono “bloccati” in un substrato della coscienza.
Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie divenne l’ispirazione delle successive generazioni di scrittori e artisti. Tra questi c’era anche Vladimir Nabokov, l’autore di Lolita, nonché colui che tradusse Le avventure di Alice dall’inglese al russo. Lolita, infatti, racconta di un uomo adulto che seduce la dodicenne Lolita raccontandole delle storie. «Io lo chiamo sempre Lewis Carroll Carroll, perché lui è stato il primo Humert Humbert» – diceva Nabokov, riferendosi al protagonista maschile del suo romanzo.
Negli anni, questo libro è stato tradotto in circa 97 lingue ma riportare i giochi di parole, le figure retoriche, i proverbi citati e i continui riferimenti alla cultura inglese è un’impresa ardua.
Tra tutte le storie di fantasia, quella di Alice non è mai stata travolta in modo particolare, anche se negli anni sono state pubblicate molte varianti.
Il film d’animazione prodotto dalla Walt Disney Productions e diretto da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, nacque nel 1951.
Nel 1923 però, Alice nacque come cortometraggio per la Laugh-O-Gram Studio ma quando qualche tempo dopo fallì, il lavoro non andò perso. Solo nel 1938 partirono i veri progetti del film.
Anche in questo caso, troviamo un’Alice bionda quando invece, quella originale è mora. La trasposizione cinematografica comunque non si scosta molto dalla storia originale perché Walt sosteneva che la maggior parte del suo umorismo di Carroll era nella scrittura.
Prima di questo film d’animazione però, ci fu un cortometraggio muto diretto da Cecil Hepworth, che dura meno di dieci minuti.
In questi centocinquant’anni ci sono stati ancora molti film dedicati a questo libro ma non solo.
Gli ultimi che sicuramente tutti consociamo anche solo grazie alla pubblicità in rete, sono stati diretti da Tim Burton. In questo caso però, la versione di Alice è più matura e la storia si scosta molto dall’originale. I personaggi poi sono anche più attivi su vari fronti e non come nella storia originale.
Parliamo però di un Regista molto particolare e quindi, queste rivisitazioni sono in linea con il suo solito lavoro.
Non solo.
Per quanto non ci siano molte vere e proprie rivisitazioni cinematografiche, non possiamo non nominare la serie televisiva “Once Upon a Time in Wonderland“, dove il mondo delle meraviglie la fa ovviamente da padrona ma quasi tutti i personaggi non sono ciò che sembrano o addirittura, non centrano nulla.